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Io conosco operai che non sanno dare un valore al suo tempo se non è pagato dal padrone

Marco Paolini
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Luoghi esplosivi
Di Pietro (del 18/09/2008 @ 10:10:23, in Pensieri sciolti, linkato 3678 volte)

C'è una pittoresca località balneare, in Toscana, nei dintorni dell'Argentario, segnata da un destino bombarolo.
Il paese di Talamone.

Qui sbarcò Garibaldi, con i suoi mille, per rifornirsi d'armi.

E in tempi più recenti Talamone continua ad essere crocevia di traffici legali d'armi. Qui imbarcava le armi destinate all'IRAQ la Sipe-Nobel di Orbetello negli anni '70 e '80.

Talamone, visto dal pontile di carico degli esplosivi
Talamone, visto dal pontile di carico degli esplosivi

Nel porto turistico di Talamone sono tutt'ora ormeggiate le due chiatte che facevano (o fanno ancora) la spola tra il pontile in località Talamonaccio e le navi ormeggiate in rada.

Il creativo proprietario di queste chiatte ha dato loro due nomi evocativi: la Dina e la Mite

La Dina e la Mite ormeggiate a Talamone
La Dina e la Mite ormeggiate a Talamone

Riporto un articolo de Il Tirreno presente sul sito della rassegna stampa della Provincia di Grosseto:

Dina e Mite, le chiatte delle bombe
A Talamone ora gli sbarchi sono rari: il mondo non rischia altre guerre
Un alone di mistero attorno a traffici comunque legali. Gli esplosivi sarebbero destinati a Camp Darby

CLAUDIO BOTTINELLI

Il primo fu Garibaldi. Si fermò qui per caricare i fucili che servivano alla sua Spedizione dei Mille e da allora Talamone non ha più smesso di essere “il” porto delle armi. Carichi e scarichi circondati sempre da un’aria di mistero.
Anche se i documenti di imbarco e sbarco sono sempre regolari; sospetti alimentati anche da chiacchiere di porto o battute sfuggite a qualche marinaio che forse aveva alzato troppo il gomito in qualche bar: «Cosa portiamo? Soltanto caramelline per l’Iraq...», disse una volta uno di loro, sceso a terra da una nave americana durante la prima Guerra del Golfo. Una battuta o la verità? Chissà. Però l’aneddoto circola.
Carichi e scarichi che avvengono ancora (e perché no? dice la gente sul molo, visto che tutto è regolare, e gli esplosivi sono merce come un’altra). L’ultima nave è arrivata venerdì scorso, si è fermata alla grande boa al largo, le chiatte hanno fatto la spola con il pontile di Talamonaccio che serve praticamente solo a questo. Ma il forte vento di scirocco - facendola scarrocciare - ne ha paurosamente avvicionato la poppa a terra... Poi è ripartita.
Le chiatte. Grandi, sono attraccate al molo di Talamone una accanto all’altra. Con evidente ironia hanno due nomi (Dina e Mite) che uniti formano una parola terribile: dinamite. Il che è tutto un programma, visto che nei loro capienti cassoni caricano gli esplosivi che qui a Talamonaccio arrivano e partono. «Una volta le navi che arrivavano erano tante», ricorda con dichiarata nostalgia Stefano Fabrizi, presidente della cooperativa che si occupa del carico e dello scarico: «Oggi invece sono davvero poche, al massimo dieci-dodici l’anno. Tra grandi e piccole. E per noi il lavoro manca, tanto che se non avessimo in gestione uno dei pontili per le barche turistiche nel porto, avremmo dovuto chiudere». E aggiunge, pregandoci di scriverlo: «Le fabbriche di armi italiane sono state quasi tutte chiuse e questo ci danneggia. Ma guardi che è una fesseria. Perché noi chiudiamo e altri, come la Francia, fanno affari d’oro sulle nostre rinunce».
Comunque, un altro addetto ai lavori ci corregge: «Definire Talamone il porto delle armi è sbagliato. Perché le armi - intendo cannoni, carri armati, fucili e simili - vengono caricate in qualunque porto. Non sono materiali sensibili. Qui il discorso riguarda gli esplosivi. Sono quelli che transitano dalla rada di Talamone. Che non è neppure l’unica della costa tirrenica a essere utilizzata per questo».
Talamone ha l’unico difetto di essere una bella rada con tutte le caratteristiche che sono richieste dalla sicurezza. Le navi che trasportano o imbarcano esplosivi si fermano al largo (ci sono un paio di boe proprio per questo) e a queste grandi navi si affiancano altre più piccole per il trasbordo, oppure le chiatte del porto che fanno la spola verso il puntone di Talamonaccio, dalla parte opposta del paese, sullo stesso golfo.
Esplosivi o no? Ma siamo sicuri che si tratti di esplosivi? Chi lavora nel settore precisa che ormai da una nave all’altra passano solamente container, e che cosa contengano nessuno lo sa. Il fatto che fermino qui vuol dire che c’è materiale esplosivo, anzi “sensibile”. Ma potrebbero esserci missili, carri armati, perfino armi nucleari. Chissà?
Quasi tutte le navi che oggi gettano l’ancora a Talamone battono bandiera americana. Trasportano esplosivi e armi per Camp Darby, che è tra Livorno e Pisa, e prendono su materiale bellico che Camp Darby rimanda ufficialmente in patria perché venga revisionato. Perché ogni cinque anni - ci viene spiegato - ogni armamento americano deve essere ricontrollato. E così è un via vai continuo. Oggi con frequenze limitate.
Ma non sarebbe molto più semplice per le navi fermarsi al largo di Livorno e da lì caricare le chiatte di Camp Darby? Accade solo qualche volta, quasi sempre l’appuntamento è nella rada di Talamone. Sia per le navi per Campo Darby, sia per i camion che fanno la spola sul pontile di Talamonaccio: «Ma meno frequentemente che in passato: oggi a Camp Darby i camion con gli armamenti arrivano sempre più direttamente dalla Germania, e Talamone viene bypassato». Una volta si diceva che bastava venire a Talamone per capire se stava per scoppiare una guerra. Perché - dicono i vecchi - prima di qualunque conflitto nell’aria mediterranea o mediorientale l’arrivo delle navi americane che scaricavano armi ed esplosivi veniva intensificato. E subito dopo ecco le più piccole, che caricavano e ripartivano verso le zone calde per rifornire gli eserciti. E lo stesso accadeva a guerra finita, per rifornire di armi le truppe rimaste a secco. E ora? «È calma piatta. Può tirare un sospiro di sollievo, nuove guerre in vista non dovrebbero esserci».
Il giallo dei documenti. Ma, chiediamo ancora, possibile che l’Italia permettesse, con regolari documenti, che dai suoi porti venissero spedite armi per le zone di guerra? A Talamone ci guardano come fossimo dei poveri scemi. Guardi - ci viene risposto - che qualunque nave che arriva o parte da questa rada ha documenti ufficiali regolari. Che parlano di carichi diretti a Paesi neutrali, non coinvolti in nessun conflitto. Tutto ok. Solo che il mare è grande e quando la nave è in acque internazionali può essere semplice buttar via quei documenti e sostituire la destinazione. Che so, dal Canada al Libano, tanto per fare un caso. Un gioco da ragazzi.
Una cosa è certa. Alle boe della rada di Talamone, il solo (o uno dei pochissimi) porti tirrenici dove è autorizzato il carico e lo scarico di esplosivi fino a una ventina di anni fa gli arrivi e le partenze delle navi erano continui. Anche perché - precisa qualcuno - c’era la Sipe-Nobel che fabbricava esplosivi e li spediva in mezzo mondo, non solo perché servissero alla guerra. Poi la Sipe-Nobel ha dovuto chiudere e lo stesso hanno fatto tante altre fabbriche italiane del settore. E Talamone ne ha risentito. Eccome.
E un’altra cosa è certa: lo specchio di mare attorno al puntone di sbarco, nella zona di Talamonaccio, è interdetta alla navigazione. Anche d’estate, quando le spiagge sono zeppe di bagnanti e il mare di barche turistiche. Perché le navi arrivano con poco preavviso e non si può rischiare di avere yacht o barchette a dare noia.
Cosa questa che dà molto fastidio, visto che il litorale di Bengodi, così si chiama, sarebbe fra i più ricercati. Ma tant’è. Ci sono ragioni di sicurezza. Incidenti finora non ce ne sono mai stati, ma provate a immaginare che cosa potrebbe succedere...
Un timore, questo, che una ventina di anni fa agitò i sonni degli abitanti di Fonteblanda, il paesino vicino, attraverso il quale passava la fila continua dei camion carichi di esplosivo. Ci furono manifestazioni e proteste, ma tutto finì con una variazione del percorso dei camion diretti al puntone di Talamonaccio. E il carico e lo scarico di esplosivi continuò. E continua, anche se con meno intensità di una volta.


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